Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'articolo 186 del codice della strada,
lo stato di ebbrezza del conducente del veicolo può essere accertato e
provato con qualsiasi mezzo, e non necessariamente né unicamente
attraverso la strumentazione e la procedura indicate nell'articolo 379
del regolamento di attuazione ed esecuzione del codice stradale.
E’ questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione con la
sentenza 1° febbraio 2012, n. 4402 con cui si risolve in maniera
efficace la questione relativa all’accertamento dello stato di ebbrezza
del conducente di un veicolo.
Nel caso di specie, viene proposto ricorso avverso la sentenza che, a
seguito di giudizio abbreviato, riconosce un conducente di auto
colpevole della contravvenzione di cui all’articolo 186, lettera a) del Codice della strada,
assolvendolo invece dal reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento
alcolimetrico perché il fatto all’epoca non era previsto dalla legge
come reato.
Nella sentenza di condanna si rileva che l’imputato dopo avere eseguito
la prima prova per l’accertamento dello stato di ebbrezza, si sarebbe
rifiutato di eseguire la seconda. Secondo la difesa il rifiuto della
prova era dipeso da un non corretto funzionamento dell’apparecchiatura.
Gli Ermellini accolgono il ricorso presentato, basandosi tuttavia su
motivazioni diverse da quelle prospettate dalla difesa. Infatti, lo
stato di ebbrezza può essere accertato e provato con qualsiasi mezzo, e
non solo dunque attraverso l’uso dell’etilometro, ma ad esempio su
circostanze sintomatiche, riferite accertate dagli agenti accertatori,
quali l’ammissione del conducente, l’alterazione della deambulazione, la
difficoltà del movimento, l’eloquio sconnesso o l’alito vinoso.
Secondo i giudici di Piazza Cavour, nel caso di specie, il giudice di
merito sulla base delle risultanze ha ritenuto il comportamento
dell’automobilista proprio della fattispecie di cui all’art. 186, comma
2, lett. a) del Codice della strada, che tuttavia nelle more del ricorso , è stata depenalizzata.
Da qui l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
(Altalex, 13 febbraio 2012. Nota di Alessandro Ferretti)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE IV PENALE
Sentenza 7 dicembre 2011 – 1° febbraio 2012, n. 4402
(Presidente Marzano – Relatore Piccialli)
(Presidente Marzano – Relatore Piccialli)
Ritenuto in fatto
P.M.
ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, in esito a giudizio
abbreviato, lo ha riconosciuto colpevole della contravvenzione di cui
all'articolo 186, lettera a) del codice della strada, assolvendolo
invece dal reato di rifiuto di sottoporsi all'accertamento alcoli
metrico perché (all'epoca) il fatto non era previsto dalla legge come
reato (fatti accertati in data 20 maggio 2006).
Il giudicante riteneva che a causa del mancato completamento della seconda prova alcolimetrica non era stato determinato il tasso alcolemicolettera a) per essersi rifiutato di sottoporsi ritualmente all'accertamento tecnico [segnatamente, dopo una prima prova, si sarebbe rifiutato di eseguire la seconda].
Con il ricorso si contesta l'apprezzamento sul punto sviluppato dal giudicante, sostenendosi, come ipotesi ritenuta ragionevole, che il rifiuto alla seconda prova "più verosimilmente" poteva dipendere dal malfunzionamento dell'apparecchiatura, più che al contestato rifiuto dell'imputato.
Il giudicante riteneva che a causa del mancato completamento della seconda prova alcolimetrica non era stato determinato il tasso alcolemicolettera a) per essersi rifiutato di sottoporsi ritualmente all'accertamento tecnico [segnatamente, dopo una prima prova, si sarebbe rifiutato di eseguire la seconda].
Con il ricorso si contesta l'apprezzamento sul punto sviluppato dal giudicante, sostenendosi, come ipotesi ritenuta ragionevole, che il rifiuto alla seconda prova "più verosimilmente" poteva dipendere dal malfunzionamento dell'apparecchiatura, più che al contestato rifiuto dell'imputato.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato, anche se per motivi diversi da quelli prospettati dal ricorrente.
Come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'articolo 186 del codice della strada, lo stato di ebbrezza del conducente del veicolo può essere accertato e provato con qualsiasi mezzo, e non necessariamente né unicamente attraverso la strumentazione e la procedura indicate nell'articolo 379 del regolamento di attuazione ed esecuzione del codice stradale (dpr 16 dicembre 1992 n. 495, e succ. modif.): infatti, per il principio del libero convincimento, per l'assenza di prove legali e per la necessità che la prova non dipenda dalla discrezionale volontà della parte interessata, il giudice può desumere lo stato di alterazione psicofisica, derivante dall'influenza dell'alcool, da qualsiasi elemento sintomatico dell'ebbrezza o dell'ubriachezza (tra cui l'ammissione del conducente, l'alterazione della deambulazione, la difficoltà del movimento, l'eloquio sconnesso, l'alito vinoso, ecc); così come può anche disattendere l'esito fornito dall'"etilometro", sempreché del suo convincimento fornisca una motivazione logica ed esauriente (tra le tante, Sezione IV, 4 dicembre 2009, PG in proc. Falaguerra, rv 245802). Va anzi ricordato che tale orientamento è stato ribadito dalla giurisprudenza anche a seguito della novella riformatrice di cui al decreto legge 7 agosto 2007 n. 117, convertito in legge 2 ottobre 2007 n. 160, che, sostituendo il comma 2 della suddetta norma incriminatrice, ha determinato un differenziato trattamento sanzionatorio a seconda del valore del tasso alcolemico riscontrato, configurando in proposito tre distinte fattispecie incriminatrici. Si è infatti ancora sostenuto, pur dopo il novum normativo, che il giudice ben può formare il suo libero convincimento anche in base alle sole circostanze sintomatiche riferite dagli agenti accertatori, con l'unica [ovvia] precisazione che tale possibilità deve circoscriversi alla sola fattispecie meno grave prevista dalla lettera a), del comma 2 dell'articolo 186, imponendosi, invece, per le ipotesi più gravi (lettere b) e c) del citato comma 2) l'accertamento tecnico del livello effettivo di alcool (di recente, oltre la sentenza sopra indicata, anche Sezione IV, 5 febbraio 2009, PG in proc. Quintini).
Nella specie, per quanto interessa, è evidente - anche dalla pena sola pena pecuniaria inflitta - che il giudice abbia individuato nel caso in esame la fattispecie meno grave di cui all'art. 186, comma 2, lettera a) del codice della strada, che, nelle more del ricorso, a seguito del novum normativo introdotto con l'articolo 33, comma 4, della legge 29 luglio 2010 n. 120, è stata depenalizzata.
Ne deriva l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Non si devono, peraltro, trasmettere gli atti al prefetto: ciò in considerazione del principio di legalità-irretroattività operante sia per gli illeciti penali (articolo 2 c.p.), sia per gli illeciti amministrativi (articolo 1 della legge 24 novembre 1981 n. 689, richiamato dall'articolo 194 del codice della strada) e tenuto conto che tale principio non è stato espressamente derogato dal legislatore come, invece, è avvenuto, nella stessa materia della circolazione stradale, in occasione della depenalizzazione del rifiuto a sottoporsi all'esame alcolimetrico introdotta con il decreto legge n. 117 del 2007, convertito nella legge 160 del 2007, allorquando l'articolo 7 della citata normativa ebbe appunto a prevedere un'esplicita deroga al principio di irretroattività (cfr. Sezione IV, 17 settembre 2010, Proc. Gen. App. Firenze in proc. Piccinelli, non massimata).
Come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'articolo 186 del codice della strada, lo stato di ebbrezza del conducente del veicolo può essere accertato e provato con qualsiasi mezzo, e non necessariamente né unicamente attraverso la strumentazione e la procedura indicate nell'articolo 379 del regolamento di attuazione ed esecuzione del codice stradale (dpr 16 dicembre 1992 n. 495, e succ. modif.): infatti, per il principio del libero convincimento, per l'assenza di prove legali e per la necessità che la prova non dipenda dalla discrezionale volontà della parte interessata, il giudice può desumere lo stato di alterazione psicofisica, derivante dall'influenza dell'alcool, da qualsiasi elemento sintomatico dell'ebbrezza o dell'ubriachezza (tra cui l'ammissione del conducente, l'alterazione della deambulazione, la difficoltà del movimento, l'eloquio sconnesso, l'alito vinoso, ecc); così come può anche disattendere l'esito fornito dall'"etilometro", sempreché del suo convincimento fornisca una motivazione logica ed esauriente (tra le tante, Sezione IV, 4 dicembre 2009, PG in proc. Falaguerra, rv 245802). Va anzi ricordato che tale orientamento è stato ribadito dalla giurisprudenza anche a seguito della novella riformatrice di cui al decreto legge 7 agosto 2007 n. 117, convertito in legge 2 ottobre 2007 n. 160, che, sostituendo il comma 2 della suddetta norma incriminatrice, ha determinato un differenziato trattamento sanzionatorio a seconda del valore del tasso alcolemico riscontrato, configurando in proposito tre distinte fattispecie incriminatrici. Si è infatti ancora sostenuto, pur dopo il novum normativo, che il giudice ben può formare il suo libero convincimento anche in base alle sole circostanze sintomatiche riferite dagli agenti accertatori, con l'unica [ovvia] precisazione che tale possibilità deve circoscriversi alla sola fattispecie meno grave prevista dalla lettera a), del comma 2 dell'articolo 186, imponendosi, invece, per le ipotesi più gravi (lettere b) e c) del citato comma 2) l'accertamento tecnico del livello effettivo di alcool (di recente, oltre la sentenza sopra indicata, anche Sezione IV, 5 febbraio 2009, PG in proc. Quintini).
Nella specie, per quanto interessa, è evidente - anche dalla pena sola pena pecuniaria inflitta - che il giudice abbia individuato nel caso in esame la fattispecie meno grave di cui all'art. 186, comma 2, lettera a) del codice della strada, che, nelle more del ricorso, a seguito del novum normativo introdotto con l'articolo 33, comma 4, della legge 29 luglio 2010 n. 120, è stata depenalizzata.
Ne deriva l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Non si devono, peraltro, trasmettere gli atti al prefetto: ciò in considerazione del principio di legalità-irretroattività operante sia per gli illeciti penali (articolo 2 c.p.), sia per gli illeciti amministrativi (articolo 1 della legge 24 novembre 1981 n. 689, richiamato dall'articolo 194 del codice della strada) e tenuto conto che tale principio non è stato espressamente derogato dal legislatore come, invece, è avvenuto, nella stessa materia della circolazione stradale, in occasione della depenalizzazione del rifiuto a sottoporsi all'esame alcolimetrico introdotta con il decreto legge n. 117 del 2007, convertito nella legge 160 del 2007, allorquando l'articolo 7 della citata normativa ebbe appunto a prevedere un'esplicita deroga al principio di irretroattività (cfr. Sezione IV, 17 settembre 2010, Proc. Gen. App. Firenze in proc. Piccinelli, non massimata).
P.Q.M.
Annulla
senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla imputazione di
cui all'art. 186, 2 comma, lett. a) C.d.S., perché il fatto non è più
previsto dalla legge come reato.
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