martedì 25 febbraio 2014

Tasso alcolemico inferiore a 1,5: no a sospensione cautelare della patente

Tasso alcolemico inferiore a 1,5: no a sospensione cautelare della patente


Se il tasso alcolemico accertato è inferiore a 1,5 g/l, non può essere applicata la sospensione "cautelare" della patente di guida. E' quanto emerge dalla sentenza 31 dicembre 2013 del Giudice di Pace di Torino.

Il Giudice di Pace conferma l'orientamento espresso dalla Suprema Corte, con la sentenza n. 21447/2010, ai sensi della quale il nostro codice della Strada contempla diverse ipotesi di sospensione della patente per il caso di guida in stato di ebbrezza previste, rispettivamente, dagli artt. 186 e 223.

La prima di tali disposizioni prevede una sospensione "penale" ed una "amministrativa", la quale acquista efficacia a seguito della sentenza penale di condanna. L'art. 223 contempla una ipotesi di sospensione della patente avente natura "cautelare", da applicarsi nel caso in cui il giudice penale ravvisi il timore di reiterazione del comportamento riprovevole.

La pronuncia ora richiamata evidenzia che il comma 9 dell'art. 186 cod. strad. è l'unico che consente al Prefetto la sospensione della patente di guida in via cautelare, ma sempre subordinandola all'accertamento che, ai sensi dei comma 4 e 5, rilevi un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l.

Nella specie, la misura cautelare era stata applicata per una ipotesi differente rispetto a quella indicata nel comma 9 dell'art. 186, emergendo un difetto di correlazione tra il comportamento tenuto e il fatto sanzionato, non sussistendo i presupposti per l'applicazione della misura cautelare.

(Altalex, 28 gennaio 2014. Nota di Simone Marani)

martedì 4 febbraio 2014

Guida in stato di ebbrezza: il lavoro di pubblica utilità estingue il reato

Il lavoro di pubblica utilità estingue il reato di ebbrezza anche se l'attività  svolta non rientra tra quelle previste in via prioritaria dall'art. 186 co. 9bis c.d.s., e cioè attività da svolgersi nel campo della sicurezza e dell'educazione stradale.


Cassazione penale , sez. I, sentenza 17.12.2013 n° 50909 (Luigi Del Giudice)
In particolare la cassazione con sentenza 17 dicembre 2013, n. 50909 ritiene che  la prestazione non retribuita è comunque svolta a favore della collettività, ed anche se non inerente al settore della sicurezza e dell'educazione stradale, la stessa deve ritenersi rientrante nel novero dei lavori di pubblica utilità e tale da poter fare conseguire gli effetti estintivi del reato.
Sarebbe irragionevole  ritenere che il lavoro di pubblica utilità comunque svolto con diligenza, non possa fare godere all'interessato i vantaggi ricollegati al positivo svolgimento di tale incombente, sol perché fatto svolgere al di fuori del campo indicato in via prioritario nella previsione normativa.
Tale modus opinandi si profila assolutamente vincolante, se solo si consideri la portata e la finalità del lavoro sostitutivo, così come la Corte Costituzionale ha avuto cura di tratteggiarlo, come misura "paradentiva", costituente un segno ed un'apertura fiduciaria verso i condannati (sent. 157/2010), esaltandone le finalità rieducative per il recupero sociale del soggetto, perseguito attraverso la scelta di lavoro a titolo gratuito dell'interessato a favore della collettività offesa, quale evidente segno di riconciliazione sociale.
È stato scritto nella recente sentenza n. 179/2013 sempre della Corte Costituzionale, a proposito del lavoro di pubblica utilità, che "la finalità rieducativa della pena, stabilita dall'art. 27, co. 3, Cost, deve riflettersi in modo adeguato su tutta la legislazione penitenziaria. Quest'ultima deve prevedere modalità e percorsi idonei a realizzare l'emenda e la risocializzazione del condannato, secondo scelte del legislatore, le quali, pur nella loro varietà tipologica e nella loro modificabilità nel tempo, devono convergere nella valorizzazione di tutti gli sforzi compiuti dal singolo condannato e dalle istituzioni per conseguire il fine costituzionalmente sancito della rieducazione (sentenza n. 79/2007). Tali principi, benché riferiti alla legislazione penitenziaria, ben si adattano anche a fattispecie come quelle in esame, nelle quali le finalità rieducative della pena e il recupero sociale del soggetto sono particolarmente accentuati e sono perseguiti mediante la volontaria prestazione di attività non retribuita a favore della collettività".