lunedì 20 febbraio 2012

Aboliti i controlli per il rilascio del cosiddetto "bollino blu" D.L. 9 febbraio 2012, n. 5.

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DIPARTIMENTO PER I TRASPORTI, LA NAVIGAZIONE
ED I SISTEMI INFORMATIVI E STATISTICI
Direzione generale per la motorizzazione
Divisione 5
 
 
Prot. n. 4333/DIV7 - File avviso n. 6/2012
Roma, 16 febbraio 2012
 
OGGETTO:
D.L. 9 febbraio 2012, n. 5.
        Si comunica che nel S.O. n. 27 della G.U. n. 27 del 9 febbraio n. 33, è stato pubblicato il D.L. 9 febbraio 21012, n. 5 recante "Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo".
        Nel merito, si richiama l'attenzione degli Uffici su quanto previsto dai commi 8 e 9 dell'art. 11 del citato D.L., rubricato "Semplificazioni in materia di circolazione stradale, abilitazioni alla guida, affidamento del servizio informazioni sul traffico, "bollino blu" e apparecchi di controllo della velocità".
        Rimandando per gli eventuali approfondimenti alla lettura del relativo testo normativo, si specifica sinteticamente che con i commi 8 e 9 del citato art. 11 è stato disposto che:
-
il controllo obbligatorio dei dispositivi di combustione e scarico degli autoveicoli e dei motoveicoli deve essere effettuato esclusivamente al momento della revisione obbligatoria periodica del mezzo. Conseguentemente sono aboliti i controlli per il rilascio del cosiddetto "bollino blu";
-
il controllo degli apparecchi di controllo sui veicoli adibiti al trasporto su strada disciplinati dal regolamento (CEE) n. 3821/85 (cronotachigrafo), e successive modificazioni, deve essere effettuato ogni due anni dalle officine, anziché ogni anno come prima previsto.
        Si ritiene opportuno evidenziare in proposito che la cadenza biennale deve essere applicata anche alle attestazioni di controllo del cronotachigrafo già rilasciate alla data di entrata in vigore del D.L. in argomento.
 
        IL DIRETTORE GENERALE
        arch. Maurizio Vitelli

mercoledì 15 febbraio 2012

Stop all’utilizzo degli autovelox nelle strade secondarie Cassazione civile , sez. II, sentenza 15.11.2011 n° 23882 (Manuela Rinaldi)

Cassazione vs Autovelox: uno a zero. La Suprema Corte torna a bacchettare l’indiscriminato utilizzo dell’autovelox nelle strade c.d. minori, in cui, invece, è vigente l’obbligo della contestazione immediata.
Così la Cassazione civile, nella seconda sezione, con la sentenza 15 novembre 2011, n. 23882.
La vicenda oggetto di controversia concerneva l’infrazione del limite di velocità (infrazione avvenuta all’interno di un territorio comunale) per cui era stato proposto ricorso.
In primo grado il giudice aveva bocciato il verbale per eccesso di velocità a causa delle modalità di rilevamento utilizzate.
Tale decisione venne confermata successivamente anche in appello ove i giudici avevano ribadito il concetto in base al quale “non possono essere installati apparecchi elettronici di rilevazione della velocità su di una strada extraurbana secondaria” (come nel caso di specie).
Anche i giudici di legittimità, dinanzi al quale si era spostata la questione, sposano la tesi sopra enunciata, in base a cui la legge demanda al prefetto l’individuazione delle strade (o comunque singoli tratti delle strade stesse) differenti dalle autostrade o anche dalle strade extraurbane principali, in cui non vi è possibilità di fermare un veicolo, ai fini della immediata contestazione delle infrazioni.
La ratio sottesa a ciò è quella di ammettere il controllo elettronico solamente nelle ipotesi in cui risulti essere difficoltoso fermare l’automobilista.
La normativa di riferimento, il D.L. n. 121 del 2002, prevede che sulle strade extraurbane principali nonché sulle autostrade, gli agenti di polizia seguendo le direttive fornite dal Ministero dell’Interno abbiano la possibilità di installare dispositivi di controllo del traffico (gli automobilisti devono essere messi a conoscenza di ciò) al fine di rilevare a distanza le violazioni al codice della strada.
Sulle strade extraurbane secondarie nonché sulle strade urbane di scorrimento, invece, l’installazione di tali dispositivi può essere possibile solamente quando le stesse vengano individuate mediante idoneo decreto del prefetto.
Nella stessa decisione che qui si annota si può, infatti, testualmente leggere che “...Trattasi di ipotesi interpretativa manifestamente contraria alla normativa vigente in tema di controllo remoto senza la presenza diretta dell'operatore di polizia, la quale prevede appunto al D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4, (convertito, con modificazioni, nella L. 1 agosto 2002, n. 168) che sia demandata al prefetto l'individuazione delle strade (o di singoli tratti di esse), diverse dalle autostrade o dalle strade extraurbane principali, nelle quali non è possibile il fermo di un veicolo, ai fini della contestazione immediata delle infrazioni”.
(Altalex, 7 dicembre 2011. Nota di Manuela Rinaldi, vedi anche l'eBook "Autovelox" della stessa autrice)

SEMPLIFICAZIONI: IL DECRETO IN GAZZETTA Decreto Legge 09.02.2012 n° 5 , G.U. 09.02.2012

Abolizione totale o parziale di numerose leggi: lo prevede il Decreto Legge 9 febbraio 2012, n. 5 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 9 febbraio 2012, n. 33.
Tra le misure previste dal testo provvisorio ricordiamo:
  • semplificazioni in materia di circolazione stradale, abilitazioni alla guida, affidamento del servizio informazioni sul traffico, "bollino blu" e apparecchi di controllo della velocità;
  • autorizzazione unica ambientale;
  • procedura di iscrizione all'università esclusivamente per via telematica;
  • ritorno della social card per i comuni con piu' di 250.000 abitanti (risorse stanziate per 50 milioni di euro);
  • semplificazioni in materia di imprese e di lavoro;
  • semplificazione nel rilascio/rinnovo dei documenti di identità
  • cambio di residenza in tempo reale.
(Altalex, 10 febbraio 2012)

L’esito dell’etilometro può essere disatteso dal giudice Cassazione penale , sez. IV, sentenza 01.02.2012 n° 4402 (Alessandro Ferretti)

Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'articolo 186 del codice della strada, lo stato di ebbrezza del conducente del veicolo può essere accertato e provato con qualsiasi mezzo, e non necessariamente né unicamente attraverso la strumentazione e la procedura indicate nell'articolo 379 del regolamento di attuazione ed esecuzione del codice stradale.
E’ questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 1° febbraio 2012, n. 4402 con cui si risolve in maniera efficace la questione relativa all’accertamento dello stato di ebbrezza del conducente di un veicolo.
Nel caso di specie, viene proposto ricorso avverso la sentenza che, a seguito di giudizio abbreviato, riconosce un conducente di auto colpevole della contravvenzione di cui all’articolo 186, lettera a) del Codice della strada, assolvendolo invece dal reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento alcolimetrico perché il fatto all’epoca non era previsto dalla legge come reato.
Nella sentenza di condanna si rileva che l’imputato dopo avere eseguito la prima prova per l’accertamento dello stato di ebbrezza, si sarebbe rifiutato di eseguire la seconda. Secondo la difesa il rifiuto della prova era dipeso da un non corretto funzionamento dell’apparecchiatura.
Gli Ermellini accolgono il ricorso presentato, basandosi tuttavia su motivazioni diverse da quelle prospettate dalla difesa. Infatti, lo stato di ebbrezza può essere accertato e provato con qualsiasi mezzo, e non solo dunque attraverso l’uso dell’etilometro, ma ad esempio su circostanze sintomatiche, riferite accertate dagli agenti accertatori, quali l’ammissione del conducente, l’alterazione della deambulazione, la difficoltà del movimento, l’eloquio sconnesso o l’alito vinoso.
Secondo i giudici di Piazza Cavour, nel caso di specie, il giudice di merito sulla base delle risultanze ha ritenuto il comportamento dell’automobilista proprio della fattispecie di cui all’art. 186, comma 2, lett. a) del Codice della strada, che tuttavia nelle more del ricorso , è stata depenalizzata.
Da qui l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
(Altalex, 13 febbraio 2012. Nota di Alessandro Ferretti)

Ritiro della patente per ebbrezza durante reperibilità: no al licenziamento Cassazione civile , sez. VI, sentenza 07.11.2011 n° 23063 (Alessandro Ferretti)

Il licenziamento con preavviso è sanzione sproporzionata per il lavoratore che, in seguito al ritiro della patente di guida a causa di stato di ebrezza, non possa svolgere il turno settimanale di reperibilità per interventi urgenti al di fuori dell’orario di lavoro.
E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la ordinanza 7 novembre 2011, n. 23063  in merito alle precedenti decisioni del giudice di prime cure e del successivo giudizio di appello.
Nel caso di specie il lavoratore veniva licenziato dal datore di lavoro per il riflesso automatico che la sua condotta aveva avuto sul vincolo fiduciario a fondamento del rapporto di lavoro. Respinge la validità di questa scelta la Corte di Appello che nel suo giudizio, condividendo l’operato del giudice di primo grado, rileva che l’essere inserito nel turno di reperibilità non può essere equiparato all’essere in servizio effettivo e nell’espletamento delle mansioni lavorative. Inoltre, nella notte in cui il lavoratore non aveva potuto svolgere il proprio turno di reperibilità, nessuna chiamata veniva effettuata.
 Da ciò il venire meno del riflesso automatico sul vincolo fiduciario, automatismo che tuttavia non poteva verificarsi senza la valutazione delle circostanze e delle modalità concrete del fatto e del suo contesto. Al riguardo, i giudici del Palazzaccio sottolineano che, pur essendo il fatto in sé oggettivamente grave, non era tale da giustificare la sanzione inflitta soprattutto attraverso una comparazione con fattispecie simili ed alle conseguenti sanzioni.
Si legge nella sentenza  che in base al CCNL era prevista una sanzione meno affittiva per un comportamento sicuramente più grave – sanzione conservativa per manifesta ubriachezza durante l’orario di lavoro – con la conseguente sproporzione della sanzione inflitta nel caso concreto.
Gli ermellini, infine, evidenziano il corretto iter argomentativo adottato dalla Corte d'appello a sostegno delle sue conclusioni e, conseguentemente, la decisione di rigettare il ricorso, condannando il ricorrente alle spese di giudizio.
(Altalex, 1° dicembre 2011. Nota di Alessandro Ferretti e cfr. nota su Altalex Mese - Schede di Giurisprudenza)

martedì 14 febbraio 2012

Immigrato vittima di incidente stradale: parenti risarciti anche senza reciprocità Cassazione civile , sez. III, ordinanza 02.02.2012 n° 1493 (Rocchina Staiano)

La presente pronuncia (Cass. Civ., 1493/2012) riconosce che l'esistenza della condizione di reciprocità prevista dall’art. 16 preleggi si pone come fatto costitutivo del diritto azionato dallo straniero, che deve essere provato in caso di contestazione; che conseguentemente, la contestazione da parte del convenuto italiano della condizione di reciprocità attiene alla mera difesa nel merito e non integra l'eccezione di difetto di giurisdizione (così Cass. civ., S.U. n. 24814 del 2007).
In particolare, nel caso di specie si è affermato che il risarcimento dei danni (patrimoniali e non patrimoniali) subiti dallo straniero (anche extracomunitario) in conseguenza della lesione del diritto alla salute ed all'integrità psicofisica, nonché del diritto ai rapporti parentali - familiari, può essere fatto valere con l'azione risarcitoria, indipendentemente dalla condizione di reciprocità di cui all’art. 16 delle preleggi, senza alcuna disparità di trattamento rispetto al cittadino italiano, e quindi non solo contro il danneggiante (o contro il soggetto tenuto al risarcimento per fatto altrui), ma anche con l'azione diretta nei confronti dell'assicuratore o del Fondo di Garanzia per le vittime della strada. Il problema si pone in relazione all'applicabilità della condizione di reciprocità in tema di risarcimento del danno alla persona da circolazione stradale.
Sul punto vi è nella giurisprudenza di merito ampio contrasto; così anche nella giurisprudenza di legittimità. Nello specifico, la giurisprudenza di legittimità ha trattato la questione con la sentenza 10/02/1993, n. 1681 in un procedimento in cui la domanda risarcitoria era stata proposta da un soggetto egiziano contro il fondo di garanzia ed ha statuito che, in caso di sinistro stradale causato da un veicolo o natante non identificato o non coperto di assicurazione, lo straniero che vuole esercitare il diritto al risarcimento del danno nei confronti del fondo di garanzia per le vittime della strada, previsto dall’art. 19 della L. 24 dicembre 1969, n. 990, deve solo dimostrare che lo Stato cui appartiene riconosce, senza limitazioni discriminatorie per il cittadino italiano, i diritti civili connessi al risarcimento del danno ed all'istituto dell'assicurazione, essendo del tutto irrilevante la carenza, nell'ordinamento straniero, di un istituto analogo a quello del fondo di garanzia che, avendo funzione risarcitoria e non indennitaria, attiene non al diritto ma alle modalità attraverso le quali nello Stato italiano è assicurato il risarcimento del danno.
Successivamente, nelle due sentenze di legittimità (n. 10504 del 07/05/2009 e n. 4484 del 24.2.2010), risulta affermato il principio per cui l’art. 16 preleggi, sulla condizione di reciprocità è applicabile solo in relazione ai diritti non fondamentali della persona dal momento che i diritti fondamentali, come quelli alla vita, all'incolumità ed alla salute, siccome riconosciuti dalla Costituzione, non possono essere limitati da tale articolo, con la conseguenza che la relativa tutela deve essere assicurata, indipendentemente dalla cittadinanza (italiana, comunitaria ed extracomunitaria).
Infine, il presente orientamento (Cass. civ., 1494/2012), rifacendosi a Cass. civ., 450/2011, ha stabilito che la sussistenza della condizione di reciprocità prevista dall’art. 16 preleggi, in base ad un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione, non è richiesta quando il familiare dello straniero, anche se extracomunitario e ovunque dimori, chieda il risarcimento del danno per violazione di uno dei diritti inviolabili dell'uomo, quali la vita e la salute.
(Altalex, 13 febbraio 2012. Nota di Rocchina Staiano)

Ubriaco dorme nell'auto in sosta? E' comunque guida in stato di ebbrezza Cassazione penale , sez. IV, sentenza 10.02.2012 n° 5404 (Simone Marani)

Risponde del reato di guida in stato di ebbrezza l'ubriaco che dorme, sul volante, in sosta. E' quanto ha stabilito la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza 10 febbraio 2012, n. 5404.
Secondo il giudice nomofilattico, infatti, il reato in esame risulta integrato allorché sia stata acquisita la prova della deliberata movimentazione del veicolo in area pubblica, tale da creare pericolo alla circolazione o anche solo ad intralciare il traffico, e che ciò può assumersi, non solo allorché la persona sia sorpresa nell'atto di condurre un veicolo, ma anche nei casi, come di specie, in cui essa si trovi, a bordo di un veicolo in sosta e nelle condizioni di ripartire, in alterate condizioni psicofisiche.
La sentenza si pone all'interno del filone interpretativo dominante, ai sensi del quale, ai fini del reato di guida in stato di ebbrezza, rientra nella nozione di guida la condotta di chi si trovi all'interno del veicolo (nella specie, in stato di alterazione, nell'atto di dormire con le mani e la testa poste sul volante) quando sia accertato che egli abbia, in precedenza, deliberatamente movimentato il mezzo in area pubblica o quantomeno destinata al pubblico.
In materia di circolazione stradale, sempre secondo l'impostazione del giudice di legittimità, deve ritenersi che la "fermata" costituisca una fase della circolazione, con la conseguenza che é è del tutto irrilevante, ai fini della contestazione del reato di guida in stato di ebbrezza, se il veicolo condotto dall'imputato risultato positivo all'alcoltest fosse, al momento dell'effettuazione del controllo, fermo o in moto.
(Altalex, 13 febbraio 2012. Nota di Simone Marani)