Giocava davanti al cancello di casa. Ferita la sorellina. Al volante un giovane di Montegrotto
ABANO TERME (Padova) — Non ce l’ha fatta. Il suo cuore ha lottato disperatamente per dodici ore. Fino a mercoledì mattina, quando ha smesso definitivamente di battere. A soli nove anni. Una tragedia, un dolore difficile da immaginare quello che ha investito la famiglia Zakalik e tutta la comunità ucraina. La piccola Olga, nove anni, era assieme alla sorellina di dieci anni lunedì pomeriggio intorno a l l e 19.30. Giocavano, entrambe in sella alla loro bicicletta, correndo su e già per via Stella, a non più di dieci metri dal cancello di casa. Una Fiat Bravo condotta da un giovane sampietrino, che proprio a quell'ora transitava per la via, non è riuscita ad evitarle. La bici è rimasta incastrata sotto l’auto e trascinata per una quarantina di metri. Olga ha avuto la peggio. La piccola è stata colpita in pieno dall’auto ed è caduta all’indietro andando a sbattere violentemente la nuca contro il cordolo del marciapiede. Quando sono arrivati i medici la bimba era in una pozza di sangue, con un’abbondante emorragia dall’orecchio.
La sorella è stata più fortunata. Anche lei ha battuto la testa ma le sue condizioni sono apparse fin da subito meno gravi. E’ entrata al pronto soccorso con febbre e vomito e oggi le sue condizioni sono in lento ma costante miglioramento. La vera tragedia per la famiglia Zakalik è arrivata qualche ora dopo il ricovero: Olga era entrata in coma irreversibile. La piccola è stata immediatamente operata al cervello, per ridurre i danni di un esteso ematoma. Già nella tarda serata Oleksiy Saranchik, reverendo della comunità ucraina della provincia di Venezia, è arrivato a Padova per dare l’unzione alla piccola Olga. Per una notte intera i genitori, gli zii, i parenti più stretti sono rimasti svegli in preghiera, nel reparto di Neurochirurgia post operatoria. Ma alla prime luci di ieri l’ennesima drammatica notizia: Olga non ce l’aveva fatta. La famiglia è arrivata in Italia dall’Ucraina cinque anni fa. Da tre vive ad Abano. Qui la mamma Ocsana lavora in un bar della zona, il papà Andreji ha trovato impiego invece come operaio. La zia non riesce nemmeno a parlare tra i singhiozzi di un pianto disperato: «Anch’io mi chiamo Ocsana come la mamma e mio marito, coincidenza vuole, si chiama anche lui Andreji. Olga è come se fosse stata mia figlia, noi abitiamo pochi metri più in là e lei mi veniva sempre a trovare in biciclette. Era una bambina splendida. Come si può? Come si può?».
Riccardo Bastianello
11 agosto 2011
Nessun commento:
Posta un commento