martedì 9 agosto 2011

Veicolo, sequestro, appartenenza, dominio sulla cosa Cassazione penale , sez. IV, sentenza 27.04.2011 n° 16553

In tema di confisca del veicolo e, quindi del propedeutico sequestro, di cui all'art. 186 C.d.S., la nozione di appartenenza del veicolo a persona estranea al reato non va intesa in senso tecnico, come proprietà od intestazione nei pubblici registri, ma quale effettivo e concreto dominio sulla cosa, che può assumere la forma del possesso o della detenzione, purché non occasionali.


Il concetto di "appartenenza" deve essere inteso come effettivo e concreto dominio sulla cosa, indipendentemente dalla formale intestazione del bene e può assumere sia le forme del possesso che della detenzione, escludendosi solamente forme di dominio del tutto occasionali. (1)

(*) Riferimenti normativi: art. 186 C.d.S.
(1) In senso conforme alla prima massima si veda Cass. pen., Sez. IV, sentenza n. 20610 del 26.02.2010.

(Fonte: Massimario.it - 28/2011. Cfr. nota di Carlo Alberto Zaina ed eBook Guida in Stato di Ebbrezza di Manuela Rinaldi. Cfr. Schede di Giurisprudenza Altalex mese 7-8/2010)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE IV PENALE

Sentenza (ud. 26-01-2011) 27 aprile 2011, n. 16553

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 19/7/2010 il G.I.P. del Tribunale di Forlì disponeva il sequestro preventivo di un'auto Audi A/4 di proprietà del Consorzio "CONSCOOP", condotto dal suo Presidente, P. M., il quale, colto in palese abuso di sostanze alcoliche dai locali Vigili Urbani aveva rifiutato di sottoporsi all'alcoltest (acc. in (OMISSIS), ore 15.15 e 15.45).

Con ordinanza del 2/10/2010 il Tribunale del Riesame di Forlì, confermava il provvedimento del G.I.P., rigettando l'impugnazione.

Osservava il Tribunale che la circostanza secondo cui il bene appartenesse a terzi (la Cooperativa), non integrava necessariamente il requisito della estraneità, ostativo al sequestro ed alla futura confisca. Inoltre, ricorrevano le esigenze preventive di cui all'art. 321 c.p.p., comma 1 in quanto l'auto era nella disponibilità dei soci della Cooperativa che la utilizzavano anche dopo pranzo ove, come nel caso del Presidente, era possibile si facesse abuso di alcolici.

2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'indagato in proprio e quale legale rappresentante della Cooperativa, lamentando:

2.1. la violazione di legge per avere il giudice di merito disposto il sequestro di un bene appartenente a terzi ed in particolare della "CONSCOOP", società avente un'autonoma personalità giuridica ed autonomia patrimoniale;

2.2. la violazione di legge per avere il giudice di merito disposto il sequestro anche ai sensi dell'art. 321 c.p.p., comma 1 senza valutare che l'auto non era cosa "intrinsecamente pericolosa", nè vi era prova che potesse essere utilizzata per la commissione di futuri reati, valutata la episodicità del fatto per cui si procede;

2.3. la violazione dell'art. 114 disp. att. c.p.p. in quanto l'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore deve essere dato non solo quando si sta per compiere l'atto, ma anche, come nel caso di specie, contestualmente alla richiesta di consenso all'alcoltest, in modo tale da rendere chiara la possibilità per la parte interessata della difesa tecnica, e di consentirle di determinarsi sulla scelta del consenso da prestare;

pertanto l'assenza della legittimità dell'ordine di sottoporsi all'esame, aveva determinato il venir meno del "famus" del reato contestato;

2.4. la violazione di legge per non avere gli agenti municipali, con immediatezza, richiesto all'indagato di sottoporsi ad alcoltest.

Infatti tale richiesta era stata formulata solo dopo circa mezz'ora dalla guida, dopo che il P. era ridisceso dall'Ufficio per spostare l'auto in divieto di sosta: in una simile circostanza l'alcoltest poteva avere un esito non attendibile, in quanto non era dato di sapere se nelle more il ricorrente avesse ingerito alcool;

2.5. la violazione di legge ed in particolare del D.P.R. n. 495 del 1992, art. 379 laddove è previsto l'obbligo per i verbalizzanti di indicare le circostanze dell'esistenza dello stato di ebbrezza.

Invero, il riferito alito vinoso era smentito da diverse dichiarazioni di persone informate dei fatti, le quali avevano dichiarato che il P. non aveva l'alito maleodorante e che a pranzo non aveva bevuto sostanze alcoliche.

Motivi della decisione

3. Va premesso che il P. ha proposto due ricorsi, nella duplice veste di indagato e di legale rappresentante della "Conscoop", sia pure con unico atto sottoscritto dal medesimo difensore.

Ciò premesso, i ricorsi - del tutto sovrapponibili quanto al contenuto - devono essere rigettati per l'infondatezza delle censure dedotte.

3.1. In ordine al primo motivo di ricorso, va osservato che questa Corte in tema di confisca del veicolo e, quindi del propedeutico sequestro, di cui all'art. 186 C.d.S., ha statuito che "la nozione di appartenenza del veicolo a persona estranea al reato non va intesa in senso tecnico, come proprietà od intestazione nei pubblici registri, ma quale effettivo e concreto dominio sulla cosa, che può assumere la forma del possesso o della detenzione, purchè non occasionali" (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 20610 del 26/02/2010 Cc. (dep. 01/06/2010), Messina, Rv. 247326).

Va osservato, infatti, che ad inibire il provvedimento ablativo, secondo la disposizione dell'art. 186 C.d.S. è la "appartenenza" del veicolo a persona estranea al reato, pertanto, di contro, per consentirlo è necessario che esso "appartenga" all'imputato. Il termine utilizzato dal legislatore non ha uno specifico significato tecnico come potrebbero invece esserlo i termini "proprietà" o "intestazione" nei registri. Ciò significa che il concetto di "appartenenza" deve essere inteso in una diversa accezione e cioè come effettivo e concreto dominio sulla cosa, indipendentemente dalla formale intestazione del bene e che può assumere sia le forme del possesso che della detenzione, escludendosi solamente forme di dominio del tutto occasionali. Nel caso de quo, in modo coerente il Tribunale ha ritenuto che la stabile detenzione della cosa fosse dell'imputato in qualità di Presidente della Cooperativa. Ne consegue che il Tribunale ha fatto buon governo delle disposizioni previste dall'art. 186 C.d.S. che in ricorso si assumono violate.

3.2. In ogni caso mette conto sottolineare che il sequestro è stato disposto non solo per finalità propedeutiche alla confisca, ma anche ai sensi dell'art 321 c.p.p., comma 1 in ragione dell'accertato pericoloso utilizzo del mezzo "post prandium".

Infatti deve ritenersi legittimo il sequestro di un bene aziendale allorchè vi siano indizi che questo sia utilizzato per la consumazione di reati.

In un caso analogo questa Corte di legittimità ha ritenuto che, benchè il veicolo non sia cosa di per sè pericolosa, diventa tale quando rimane nella disponibilità del soggetto trovato in grave stato di ebbrezza (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 13831 del 11/02/2009 Cc. (dep. 30/03/2009), Fumagalli, Rv. 242479).

Nel caso di specie, il giudice di merito, con esaustiva motivazione, ha ritenuto sussistente il rischio di un utilizzo pericoloso della cosa. Ne consegue che la ammissibilità del sequestro (ai sensi dell'art. 321 c.p.p., comma 1) e la presenza di una motivazione dell'ordinanza, non consentono di rilevare alcuna violazione di legge idonea a determinare la invalidità del provvedimento impugnato.

3.3. Anche la terza doglianza è infondata. Dal combinato disposto dell'art. 356 c.p.p. e art. 114 disp. att. c.p.p., si evince in modo chiaro che l'avviso della facoltà della nomina di un difensore di fiducia deve essere dato, dalla P.G. operante, al "momento di procedere al compimento degli atti". Ne consegue che l'avviso non deve essere dato prima di tale momento, allorchè siano svolti solo atti diversi e propedeutici al loro compimento; in particolare, la raccolta del consenso è preliminare allo svolgimento dell'alcoltest:

pertanto è solo al momento del compimento dell'atto di prelievo che l'interessato deve essere informato delle facoltà difensive, posto che, prima della raccolta del consenso, la P.G. non è in grado di sapere se l'atto sarà o meno svolto. Anticipare la presenza del difensore al momento della richiesta del consenso, non solo non è previsto dalle richiamate disposizioni, ma finirebbe per snaturare la funzione difensiva, che non è quella di consigliare se commettere o meno un reato (consenso no, consenso si), ma solo di partecipare ad un atto probatorio per garantirne la legalità, esigenza questa che nasce solo dopo che l'interessato ha prestato il consenso all'alcoltest.

3.4. Patimenti infondato è il quarto motivo.

Invero, la disposizione di cui all'art. 186 C.d.S., comma 7 punisce il "rifiuto" di sottoposizione all'esame etilico, fatto questo che nel caso di specie effettivamente si è realizzato. Ma le censure formulate, più che contestare tale dato oggettivo, mirano a svalutare quello che sarebbe stato l'esito dell'esame, se fosse risultato positivo quanto al superamento dei limiti del tasso alcolico: secondo l'assunto difensivo è possibile che l'assunzione di alcool si sia consumata dopo la guida.

Ma anche sotto tale aspetto il provvedimento impugnato ha una coerente motivazione che non consente di rilevare vizi di legittimità.

Infatti i verbalizzanti hanno dichiarato di aver percepito i sintomi dell'ebbrezza al momento in cui il P. era sopraggiunto con l'auto presso gli uffici della Cooperativa (alito fortemente alcolico, eccessiva sudorazione, difficoltà di articolare il linguaggio, eccessiva loquacità, forte euforia e agitazione, tono di voce immotivatamente alto con sbalzi di umore). La P.G. ha inoltre riferito di non aver potuto procedere ad immediati ulteriori accertamenti per la presenza di numerose persone che avevano patito la contravvenzione per divieto di sosta e per il fatto che il P. si era immediatamente allontanato. L'indagato si era sottratto ai Vigili anche quando era ridisceso, dopo mezz'ora, per spostare l'auto all'interno dell'area aziendale; infatti, dopo avere fatto la manovra, era risalito in ufficio e per richiedere lo svolgimento dell'esame i Vigili avevano dovuto fare ingresso nei locali della cooperativa, con l'ausilio di altri uomini di supporto, per poi sentirsi opporre il diniego. Ne consegue da quanto detto, la correttezza dell'operato dei Vigili, i quali hanno immediatamente rilevato l'ebbrezza del conducente ed hanno provveduto a richiedere la sottoposizione all'esame al primo momento utile, vista la condotta perseverante del P. volta ad eludere le richieste dei Vigili.

3.5. Infondato è anche l'ultimo motivo di doglianza.

La difesa del P. ha messo in dubbio l'esistenza del "fumus commissi delicti" laddove l'affermazione dello stato etilico dell'indagato era smentita da deposizioni raccolte da cui risultava che il P. non era solito bere sostanze alcoliche. Orbene va ricordato l'insegnamento di questa Corte, secondo cui le condizioni generali per l'applicabilità delle misure cautelari personali, previste dall'art. 273 c.p.p., non sono estensibili, per le loro peculiarità, alle misure cautelari reali essendo precluse per queste ultime, in sede di verifica della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, ogni valutazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati e sulla gravità degli stessi. Ciononostante, in sede di riesame di misure cautelari reali, pur essendo precluso sia l'accertamento del merito dell'azione penale sia il sindacato sulla concreta fondatezza dell'accusa, il giudice deve pur sempre operare un attento controllo sulla base fattuale del singolo caso concreto, secondo il parametro del "fumus", tenendo conto delle concrete risultanze processuali e della effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18078 del 26/01/2010 Cc. (dep. 12/05/2010), De Stefani, Rv. 247134).

Nel caso di specie il giudice di merito ha motivato sull'esistenza del "fumus", richiamando le dichiarazioni dei verbalizzanti circa la rilevata sintomatologia etilica: ciò li legittimava a richiedere l'alcoltest.

E' bene ricordare che, ciò che conta nel caso in questione, poichè si procede per il "rifiuto", non è la prova dello stato di ebbrezza (smentita secondo la difesa, da contrarie dichiarazioni), ma il fatto che, avendo la P.G. operante rilevato, sulla base di una propria percezione, uno stato di ebbrezza in un soggetto, legittimamente abbia richiesto la sottoposizione all'esame, ricevendone un rifiuto.

Ne consegue che correttamente il giudice del riesame ha ritenuto la sussistenza del "fumus" della contravvenzione contestata; non sussiste, pertanto, la lamentata violazione di legge del provvedimento impugnato.

3.6. Va da ultimo ricordato che anche a seguito delle modifiche apportate all'art. 186 C.d.S. dalla L. 29 luglio 2010, n. 120 in tema di confisca del veicolo, permane l'ammissibilità del sequestro, che peraltro attualmente si configura (in coerenza con la mutata natura giuridica dell'istituto) come sequestro amministrativo. Infatti, nei casi in cui il sequestro venne legittimamente eseguito secondo la disciplina previgente, in applicazione del principio della "perpetualo iurisdictionis" il giudice penale, che è sempre competente ad infliggere le sanzioni amministrative conseguenti alla commissione di un reato, non deve investire della questione l'autorità amministrativa, ma deve valutare se l'atto già compiuto fosse conforme ai requisiti sostanziali di natura amministrativa attualmente necessari per l'adozione della misura (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 40523 del 04/11/2010 Cc. (dep. 16/11/2010), Gibellini, Rv. 248859; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 44903 del 27/10/2010 Cc. (dep. 21/12/2010), Mascia, Rv. 249064).

Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Nessun commento:

Posta un commento